Nell'arte


L'Iliade  e l'inno omerico a Dioniso presuppongono un D. giovanile e quindi imberbe, ma le più antiche rappresentazioni iconografiche sono tutte barbute. Nelle immagini del culto il dio era spesso rappresentato da una maschera barbuta, che veniva appesa agli alberi e veniva ornata con fronde. La tradizione di queste immagini cultuali, che segnano il trapasso dalla raffigurazione aniconica a quella umana del dio, riecheggia ancora nelle decorazioni vascolari del V sec. a. C., che rappresentano alcune donne ateniesi in atto di venerare la maschera di D. nelle feste Lenee. Queste maschere cultuali di D. erano in legno, e ne sono conservate riproduzioni in terracotta e marmo; a volte il motivo delle maschere viene usato a titolo decorativo sui vasi. La pittura vascolare attica arcaica, tanto quella a figure nere che quella a figure rosse, rappresenta nelle scene mitologiche D. sempre con la barba, inghirlandato, con chitone e mantello, talvolta anche con una pelle di pantera. Celebre è la singolare rappresentazione di D. in un battello a vela recante una vite con grappoli, dovuta al pittore vascolare Exekias. La maggior parte delle raffigurazioni mostra D. tra il suo seguito di satiri e menadi. Gli attributi del dio sono i pampini d'uva, la cetra, il tirso e spesso recipienti per bevande. Una forma particolare di recipiente, il kàntharos, gli è particolarmente sacra; ma non di rado egli ha invece un corno potorio. Nel corteo degli dèi rappresentato nel gran cratere di Klitias ed Ergotimos a Firenze, D. si trascina sulla spalla un'anfora, evidentemente colma.

 

I pittori di vasi hanno caratterizzato il tipo del dio in vari modi: la potenza magica della maschera, il soggiogante sguardo degli occhi viene talvolta espresso con la rappresentazione frontale, così rara generalmente nella pittura vascolare. L'estasi del culto orgiastico è rappresentata dai movimenti violenti della figura, dall'andatura vivace, con lunghi passi. L'effetto del vino è indicato dal passo malfermo, staticamente incerto o dall'atteggiamento della figura. La solennità della personalità del dio e nello stesso tempo il carattere molle, viziato di D., che sinanche nel culto naturalistico in mezzo alle foreste non sa rinunciare ad un sedile pieghevole ricoperto di una pelle di animale, sono rappresentati anche nelle figure sedute.

 

La più antica rappresentazione plastica del dio è forse una figura in piedi, di dimensioni enormi (m 10,45), mai terminata e che giace ancor oggi, allo stato grezzo, in una cava dell'isola di Nasso. Con ogni probabilità si deve vedere nel recipiente tenuto dalla mano destra un kàntharos; tuttavia non è sicura l'interpretazione di questo oggetto e in conseguenza quella dell'intera opera. Bisogna però notare che Nasso, come la beota Tebe, era un antico luogo di culto di D. e le monete dell'altra Nasso, quella siciliana, portano la testa di D. vista di profilo.

 

In frammenti sono conservate alcune statue in marmo di D. seduto. Uno squisito esemplare d'arte minore di una figura di D. in atto di camminare, probabilmente proveniente dall'orlo di un bacile, si trova a Oxford. L'influsso delle rappresentazioni greche di D. su quelle etrusche è attestata dalla statuetta in bronzo a Modena. Il ritorno di Efesto nell'Olimpo è, tra le leggende a cui D. partecipa attivamente, quella rappresentata più volentieri sui più antichi vasi greci. Lo stesso tema era trattato sul cosiddetto Trono di Apollo in Amicle. La prima rappresentazione plastica di D. che lotta nella gigantomachia è quella del fregio del Tesoro dei Sifnî in Delfi. La processione con un carro in forma di battello, rappresentata su vasi attici ricorda la traversata di D. (cfr. la coppa di Exekias).

 

È poco probabile che il tipo di un D. giovanile, apparso circa il 460 a. C. accanto a quello barbato, sia dovuto ad un unico e determinato scultore. Difatti, come già è stato accennato, il D. giovanile esisteva già nella poesia di gran lunga antenore a quella data. Kalamis ha eseguito un D. giovanile per Tanagra. Un'originale statuetta in bronzo, proveniente da Olimpia, ora al Louvre, potrebbe essere ispirata da un D. dello scultore Dionysios d'Argo, dono votivo di Mykitos e rivela chiaramente la nuova forma conferita al simulacro del dio. La chioma folta e ricciuta incornicia il volto imberbe, il corpo è nudo, ma i calzari traci rivelano il vagabondare del nume e, come nelle rappresentazioni più antiche, le mani tengono attributi sacrali (probabilmente il kàntharos e il tirso). Probabilmente era nudo e imberbe il D. in bronzo di Mirone, posto sull'Elicona in Beozia, attestato solo nelle fonti letterarie. Il tipo di D. adolescente s'impone nei rilievi del Partenone, ove compare tre volte: sul lato sinistro del frontone orientale, nell'accolta degli dèi del fregio orientale e sulla metopa seconda della serie orientale, ove è rappresentato in combattimento con un gigante.

 

Le prime due rappresentazioni di D. sono uniche, perché lì legate alla particolare situazione creata dalla celebrazione delle feste, qui al mito, sicché non ci è possibile avvicinare ad esse altre simili. In contrasto con queste rappresentazioni è la terza figurazione di D. sul Partenone, quella delle metope, che ha tanto influito sulla creazione del tipo posteriore: anche qui appare un D. giovanile, vestito con un chitone succinto e una pelle, tutto adorno, che combatte con il tirso contro un gigante: un dio che incantando, trionfa. Il D. del grande fregio dell'altare di Zeus a Pergamo sembra una riproduzione della metopa del Partenone.

 

Il predominio del tipo giovanile di D. nell'arte figurativa è decisivo dopo il Partenone e specie dopo la rappresentazione delle Baccanti di Euripide (dopo il 406 a. C.). Così egli appare nelle numerose figurazioni vascolari del tardo classicismo, che non lo rappresentano più in una azione precisa e neppur più circondato dal suo selvaggio ed esaltato tiaso. Tema di queste figurazioni sono D. in tranquillo consesso con altre divinità o insieme con poeti e attori, ma specialmente D. con Arianna. Giovanile è anche un tipo rappresentato nella plastica del IV sec. a. C., conservatosi in un busto con tirso nel Museo Archeologico di Venezia, oltre che in una base di tripode della via dei Tripodi in Atene, sul fregio del monumento coregico di Lisicrate, dove è nuovamente rappresentato l'antico mito descritto dall'inno omerico (i pirati che si erano impadroniti di D. vengono miracolosamente trasformati in delfini).

 

Anche statue sedute mostrano ora un giovanile D. vestito, dalle forme piene (nonostante la mancanza del capo si può ritenere che la statua del monumento di Trasillo, proveniente da Atene e ora al British Museum di Londra, rappresenti il dio imberbe). Una delle rare rappresentazioni della prima infanzia di D., cioè il bimbo consegnato alle ninfe da Hermes, opera originale in marmo di Prassitele, già vista da Pausania ad Olimpia, è stata ritrovata durante gli scavi. La tradizione letteraria dell'epoca ci ha tramandato notizie di ulteriori statue di D. di Prassitele, di Skopas, di Bryaxis e di Lisippo. Risale forse al III sec. a. C. un D. nudo, seduto, con lunghi boccoli ricadenti sulle spalle, di cui esiste una replica del torso al Museo Nazionale di Napoli. Rientra in questo gruppo di raffigurazioni il D. con pantera.

 

È già stato ricordato come appartenente al II sec. a. C. il D. del grande fregio di Pergamo; la sua immagine si trova pure nel più recente piccolo fregio, il cosiddetto fregio di Telefo; la figura animata da una forza contenuta ha una grazia anche maggiore. Il D. combattente, che Pausania ricorda e che trovavasi sulle mura dell'acropoli di Atene, e fu da un vento violento precipitato nel santuario di D., si può supporre fosse una trasposizione in tutto tondo di queste figure a rilievo. Nel medio periodo ellenistico una testa ornata di lunghi boccoli rappresentava l'isola di Taso e la sua antica tradizione nel culto di Dioniso. Mosaici provenienti da Delo, in parte riccamente policromi, presentano un'analoga immagine di D., ma con motivi assolutamente nuovi e diversi: in essi il dio usa una pantera per cavalcatura.

 

Nel tardo ellenismo compaiono singole rappresentazioni del D. barbato. Sono celebri i rilievi della scuola neoattica in cui il dio barbato, dalle lunghe vesti, appare con il suo seguito in visita ad un qualche mortale. In modo analogo e con vesti simili venne anche rappresentato Sardanapalo (Assurbanipal). Ancora in età imperiale non mancano le rappresentazioni di un D. giovanile; riecheggiano probabilmente rappresentazioni del IV sec. a. C. tre gruppi di D. sostenuto da un satiro in una statua colossale, proveniente dal Palatino, ora a Parma, in un rilievo della scena del teatro di D. in Atene e in una statua con nebrìs proveniente dalla Villa Tiburtina. Nello stesso periodo vecchi motivi vengono rielaborati anche dalla pittura parietale.

 

Nelle cosiddette Nozze Aldobrandine (Musei Vaticani), si è voluto vedere nel giovane eroe seduto su una soglia il D. delle Antesterie prima delle sue nozze con la basilinna, la moglie dell'arconte basilèus ateniese. Prediletto fra i soggetti delle pitture è D. che trova a Nasso Arianna abbandonata; la migliore realizzazione è quella di Pompei, nella Casa del Citarista. Il gruppo di D. con Arianna costituisce il centro di un fregio parietale dipinto, che rappresenta i misteri dionisiaci; forse si tratta di una copia ampliata di una composizione precedente, dipinta in Magna Grecia. Non si può invece dimostrare che il simulacro del dio sotto forma di un grande fascio di grappoli di un'altra pittura pompeiana si riallacci a modelli greci e non risponda invece ad un tipo romano. La testa barbata in bronzo proveniente da Ercolano, ritenuta già un D., è stata ora interpretata come Priapo.

 

E. Homann-Wedeking, Enciclopedia dell' Arte Antica (1960)